Le considerazioni dell’esperto giudice Enci Sergio Marchetti sulle differenze tra il kurzhaar made in Germany e quello made in Italy.
Titolare dello storico allevamento di kurzhaar Del Poggetto, Sergio Marchetti, giudice di fama internazionale, ha ancora oggi possibilità di monitorare la razza a 360 gradi su ogni tipo di terreno e selvaggina. Di conseguenza è facile per lui mettere a confronto lo status della razza in Germania, patria del kurzhaar, e in Italia, Paese che vanta oggi altissimi livelli nell’allevamento di bracchi tedesco a pelo corto.
Grazie alla meravigliosa invenzione di internet, oggi è possibile vedere i cani presentati alle prove e alle expo anche oltre i nostri confini. Guardando le linee di sangue tedesche, ancora adesso morfologicamente più massicce rispetto a quelle italiane e con angolature molto diverse, una domanda sorge spontanea. Qual è la sostanziale differenza tra i bracchi tedeschi allevati in Germania e quelli allevati in Italia e presentati in expo e nelle prove di lavoro? Uno studioso e profondo conoscitore del kurzhaar qual è Marchetti risponde risalendo alle origini della razza.
Le origini del kurzhaar
«Nei primi anni del Novecento in Germania esisteva un tipo di cane da caccia molto massiccio, senza uno standard morfologico preciso e poco funzionale sul terreno, neanche lontanamente paragonabile al setter o al pointer, che in Inghilterra erano già razze definite e con enorme attitudine olfattiva.
«Quel tipo di cane da caccia selezionato in Germania si sarebbe quindi potuto perdere, ma i tedeschi, invece di abbandonarlo, ebbero la grande intuizione di modernizzarlo, di migliorarlo con sangue pointer, creando un cane più agile, armonioso, un cane in cui erano condensate solidità e versatilità insieme alle caratteristiche degli inglesi, più validi atleticamente e con maggiore potenza olfattiva. Si consolidarono così una fisionomia tipica, spiccata personalità, avidità nella cerca, armonia e distinzione».
Il bracco tedesco oggi
Ascolto affascinato la storia di questo grande cane e Sergio Marchetti prosegue nel suo confronto spostando l’attenzione ai cani di oggi.
«Ci sono oggi in Italia soggetti notevoli, sia in expo sia in prova, e siamo considerati uno dei Paesi che alleva al meglio questa razza, distinguendoci in competizioni di livello mondiale. Abbiamo creato cani performanti, tipici nella morfologia, nell’eleganza dei movimenti, con galoppo conforme allo standard. C’è da dire che, purtroppo, possiamo riscontrare una percentuale non trascurabile di bracchi che si esprimono sviluppando velocità eccessive, galoppi impetuosi, teste e code rigide, ferme prese con notevole reazione».
I tedeschi lo vogliono tuttofare
«In Germania l’utilizzo del kurzhaar a caccia è completamente diverso dal nostro, come lo sono altrettanto i terreni e la selvaggina. I kurzhaar sono molto utilizzati anche come cani da recupero degli ungulati feriti e vengono impiegati per cacciare le volpi. Per i cacciatori tedeschi questo bracco deve essere un cane duttile, da ferma ma anche da seguita.
«Ecco perché i kurzhaar made in Germany presentano taglie al limite massimo dello standard, linee più massicce, arti poderosi, schiene forti. Devono essere cani capaci di riportare pesi importanti e avere carattere deciso. Utilizzano un dressaggio “alla prussiana” incrociando il terreno, fermando e riportando la volpe abbattuta, inseguendo a comando, seguendo la pista del capriolo ferito, abbaiando per segnalare il selvatico morto facendo guardia al fucile e al carniere».
Noi lo vogliamo fermatore
«Nella selezione di una razza di cani da caccia non si può prescindere dall’utilizzo che ne verrà fatto della stessa e dai terreni su cui deve lavorare. Le razze canine si evolvono con noi ed è dunque necessario che si plasmino a seconda della funzione che sono chiamate a svolgere; adattandosi quindi, ma sempre nel rispetto dei dettami dello standard, così come pensato nel Paese di origine.
«In Italia, ma anche in altri Paesi europei, utilizziamo il kurzhaar principalmente come cane da ferma, mentre i teutonici ne fanno un utilizzo per certi versi più “duro”. Anche confrontando l’indole e non solo la morfologia troviamo nei kurzhaar tedeschi molta più tempra e meno docilità.
«In Italia si è ricercata conformità allo standard soprattutto affinché il movimento fosse più corretto possibile. Il baricentro non deve essere troppo spostato verso l’anteriore, per consentire così un galoppo leggermente rampante con progressione spontanea, favorendo un’andatura facile e armoniosa. Una velocità molto elevata con baricentro spostato verso l’anteriore, invece, risulta più tipica nelle razze inglesi.
«Le linee cranio facciali leggermente divergenti agevolano ulteriormente un corretto movimento, sostenuto anche dalla psiche. In Germania vengono ricercate meno queste sottigliezze a favore di una maggiore solidità complessiva della struttura muscolo-scheletrica».
Perfetto perché “su misura”
Affascinato, seguo e condivido ogni parola di Marchetti. Solo gli allevatori che hanno dedicato la vita alla cinofilia hanno, infatti, la capacità di spiegare in modo così semplice e chiaro perché l’uomo ha fissato una razza, selezionando l’ausiliare perfetto per le proprie necessità.
E così anche noi italiani abbiamo selezionato il kurzhaar perfetto per le nostre esigenze, privilegiando quelle indicazioni dello standard che meglio rispettano le nostre tradizioni venatorie e i nostri terreni di caccia. Le differenze in una stessa razza stanno proprio nell’utilizzo che se ne fa. Nessun lavoro è meno pregevole di un altro, è solo differente poiché ricalca esigenze diverse.
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