Uno studio italo-sloveno rivela i costi energetici delle diverse strategie riproduttive dei maschi di cervo, capriolo e camoscio.
Nel 1997 K. I. Jönsson, uno zoologo svedese che allora studiava gli uccelli all’Università di Lund e che ora studia piccoli invertebrati primitivi (tardigradi) all’Università di Kristianstad, propose di suddividere gli animali in due categorie alternative, a seconda delle strategie riproduttive con le quali supportano la riproduzione da un punto di vista energetico. Alcuni uccelli, per esempio, per produrre le uova e incubarle fanno affidamento sulle riserve di grasso depositate nei mesi precedenti e vennero chiamati dal ricercatore scandinavo capital breeder, cioè riproduttori da capitale accumulato. Altre specie di uccelli invece riescono a farlo basandosi sul cibo raccolto regolarmente ogni giorno e vennero definiti income breeder, riproduttori dai guadagni quotidiani.
Le definizioni di quello zoologo vennero confermate da parecchi colleghi e presto ci si accorse che il fenomeno è generalizzabile a tutti gli animali. In realtà, accanto a queste forme opposte, ci si è resi conto che esiste tutto uno spettro di tattiche intermedie. L’attenzione si è per molto tempo concentrata sulle femmine, che devono produrre le uova o portare a termine una gestazione e l’allattamento della prole, e che sono quindi sottoposte a situazioni di stress fisiologico e a spese energetiche straordinariamente elevate.
La riproduzione, però, può essere un momento difficile anche per i maschi, perfino in quelle specie che non partecipano affatto alle cure parentali. Soprattutto nelle specie poliginiche, cioè dove i maschi tendono ad accoppiarsi ogni stagione riproduttiva con più femmine, gli adulti competono attivamente per avere accesso alle femmine e riuscire ad accoppiarsi. E se alcuni si accoppiano con parecchie femmine, significa che altri invece non riescono affatto a raggiungere lo stesso traguardo. Per riuscire a essere tra quei pochi fortunati, la competizione si fa dura e necessita di grandi investimenti energetici.
Energie per crescere e combattere
L’energia è indispensabile per esibire la propria mole, per minacciare gli avversari, ma anche molto spesso per scontrarsi in vere e proprie battaglie che decidono chi dei contendenti può avere chance per accoppiarsi. Nelle specie in cui la competizione è affidata alla mole e alla forza del maschio, fin da piccoli tutto l’accrescimento corporeo è una gara a diventare gradualmente più grandi e combattivi. Molte specie poliginiche quindi sono costruite in modo che il maschio adulto tenda a investire molte energie nelle dimensioni e nell’abilità al combattimento e quindi a diventare decisamente più grosso e aggressivo della femmina.
Un coinvolgimento così forte nella competizione per l’accesso alla riproduzione anche attraverso veri e propri scontri rende estremamente rischiosa la vita dei maschi e in diverse specie è accompagnato dalla cessazione pressoché totale dell’alimentazione. Tentare di entrare a far parte dei privilegiati che si riproducono fa scordare di mangiare anche per periodi prolungati.
Strategie riproduttive degli ungulati: due alternative per i maschi
Perché, quindi, accoppiarsi non diventi una missione suicida, i maschi devono prevedere un periodo di preparazione al digiuno, un tempo dedicato quasi esclusivamente all’alimentazione col fine di immagazzinare sotto forma di grassi grandi quantità di energie. Ossia un capitale da amministrare proprio in vista delle grandi competizioni degli amori. Ecco perché gli animali che scelgono questa strategia vengono chiamati riproduttori da capitale accumulato.
D’altra parte esistono parecchie specie in cui i maschi, pur tentando ogni stagione riproduttiva di accoppiarsi con più di una femmina, riescono ad avere qualche buona chance senza arrivare a grandi e logoranti competizioni. Quindi non hanno necessità di essere previdenti e di farsi abbondanti riserve di grasso. In mancanza di seria competizione non devono investire in accrescimenti corporei esagerati ed esibizioni di forza e quindi in genere hanno dimensioni e aspetto non troppo diverso dalle femmine. Non avendo grandi costi energetici, possono far fronte ai propri fabbisogni facendo semplicemente conto su quanto cibo trovano ogni giorno. Da qui appunto il nome di riproduttori dai guadagni quotidiani.
Quali strategie per i nostri ungulati
Non è difficile trovare nei nostri ungulati degli esempi concreti di entrambe le strategie riproduttive. Il cervo, il daino, il muflone e il cinghiale possiedono chiaramente tutte le caratteristiche per essere classificati tra le specie da capitale accumulato. I maschi adulti sono decisamente più grandi e massicci delle femmine, più vistosi per i palchi, le corna, le zanne, le criniere, la competizione per l’accesso agli accoppiamenti è elevata, gli scontri diretti fatti di spinte e intreccio di palchi, o colpi di corna o colpi di zanne sono tutt’altro che rari e presuppongono costi energetici notevoli. E d’altra parte il capriolo è un buon candidato per la strategia riproduttiva meno onerosa, quella dai guadagni quotidiani. I sessi sono di taglia e aspetto simili, i caratteri sessuali secondari come i palchi più modesti, le chance di accoppiarsi per tutti i maschi adulti territoriali sono piuttosto alte.
Più difficile è classificare i camosci, quello alpino e quello appenninico. I due sessi non sono troppo diversi tra loro sia per taglia che per corna. I maschi sono un po’ più grandi, ma con fluttuazioni ponderali stagionali, e questo potrebbe a prima vista far pensare ad animali dai guadagni quotidiani come il capriolo. Anche la mancanza di sonore vocalizzazioni o di difesa di harem di femmine potrebbe far propendere per maschi impegnati in una strategia riproduttiva poco onerosa. Ma chiunque li abbia visti in azione in novembre tra le rocce e le nevi sa di certo che dedicano pochissimo tempo al pascolo, mentre sono occupatissimi a competere per accedere ai branchi femminili. Per avere certezza su come classificare i camosci è necessario verificare se esiste una cospicua differenza tra i pesi corporei prima e dopo gli amori.
Lo studio italo-sloveno
Appunto per provare il tipo di strategia riproduttiva adottata dai maschi di tre specie di ungulati in ambiente alpino, un gruppo di ricerca italiano (diretto da M. Apollonio dell’Università di Sassari) e uno sloveno (diretto da B. Pokorny, dell’Istituto Forestale di Lubiana) hanno condiviso le proprie banche dati biometriche, con la collaborazione di P.A Stephens dell’Università britannica di Durham. Si è trattato di mettere insieme i pesi corporei di più di 71.000 ungulati (cervi, caprioli e camosci) abbattuti durante la stagione venatoria tra il 2007 e il 2017.
Cervi e caprioli in Slovenia, camosci in Slovenia e in provincia di Trento. Campionamenti così ampi accompagnati dalle date di prelievo permettono di ricostruire l’andamento medio dei pesi corporei giorno dopo giorno nelle finestre temporali concesse dai calendari venatori. È quindi possibile monitorare momento per momento i cali di peso intorno al periodo degli accoppiamenti, una semplice ma efficace misura dei costi energetici associati alla riproduzione.
Il cervo
Il maschio di cervo si è rivelato come prevedibile un ottimo esempio di riproduttore da capitale accumulato. Sapevamo che in estate si prepara dedicando al pascolo più tempo del solito e accumulando abbondanti riserve di grasso. Poco dopo l’avvio in agosto del prelievo venatorio in Slovenia un maschio adulto pesa circa 200 kg di peso intero: ha da poco iniziato la muta, ha una grande criniera golare, comincia a sgolarsi con forti bramiti e a mostrare comportamenti legati agli amori. Queste ultime sono tutte attività frenetiche e molto costose dal punto di vista energetico, che oltretutto si accompagnano a un vero e proprio digiuno totale.
Il culmine degli amori in Slovenia sembra piuttosto precoce, intorno alla prima e seconda settimana di settembre, e dal 2-3 al 29-30 settembre i pesi corporei presentano un calo veloce e deciso del 19,5%: a questo punto un maschio adulto pesa in media intorno a 168 kg. A un mese dalla fine degli amori il cervo perde ancora il 2,4% del peso e due mesi dopo un ulteriore 3,4%, denunciando la sostanziale difficoltà di recuperare un po’ del peso in vista dei rigori invernali in ambiente alpino.
Valori variabili
L’ampio campione di pesi dei cervi sloveni ci permette di focalizzare l’attenzione anche su un altro fenomeno. I valori registrati prima degli amori non solo sono più elevati grazie alle scorte fatte in piena estate, ma anche molto variabili. I maschi cercano di investire al massimo per essere in condizioni adatte a competere con successo per accoppiarsi, ma non tutti riescono a raggiungere condizioni fisiche e pesi corporei ottimali. Se invece si analizzano i pesi dopo gli amori, questi risultano molto più uniformi, più livellati, come se i maschi finissero per fermare la propria attività amorosa una volta raggiunta una certa soglia, sotto la quale probabilmente risulta più incerta la sopravvivenza invernale.
Il capriolo
Il maschio di capriolo si è dimostrato un buon esempio di “riproduttore dai guadagni quotidiani”. Ad inizi luglio ha in Slovenia un peso intero di circa 23,5 kg, ma intorno al 13-14 luglio comincia i corteggiamenti e inseguimenti tipici degli amori e inizia di conseguenza a perdere peso. Il declino cambia ritmi e intensità intorno al 16-17 agosto, momento che coincide con la fine della stagione degli accoppiamenti. Non coinvolto in estenuanti competizioni, il maschio continua a dedicare ogni giorno diverso tempo all’alimentazione e così riesce a limitare il calo del peso, che in ambiente alpino si assesta in media al 7,5%. Intorno al 24-25 settembre ricomincia a recuperare le condizioni fisiche.
Anticipare gli amori all’estate permette al capriolo di avere più tempo per riprendersi e presentarsi all’inizio dell’inverno in buona forma. I pesi prima e dopo gli amori, a differenza del cervo, presentano la stessa variabilità. Se ci sono opportunità pressoché per tutti di accoppiarsi, non c’è necessità di investire più di tanto nella taglia, e a fine estate non c’è rischio di scendere a soglie minime a rischio sopravvivenza.
Il camoscio
I dati sui pesi dei camosci trentini tolgono qualsiasi dubbio sulla strategia energetica adottata, da “riproduttori da capitale accumulato”, sia pure in modo meno estremo del cervo.
Si presentano a inizio autunno decisamente più pesanti delle femmine, dopo aver dedicato molto tempo al pascolo in estate. Intorno al 24-25 ottobre, quando hanno un peso intero di circa 37,5 kg, cominciano le attività connesse con la riproduzione e di conseguenza inizia il declino del peso. Gli amori terminano intorno al 10 dicembre, con una perdita media di peso del 16%, a dimostrazione dei grandi costi energetici.
Non è necessario avere grandi differenze di mole e aspetto tra i due sessi per avere una specie poliginica in cui i maschi cercano di monopolizzare le femmine durante gli amori. Tra le rocce, dove l’agilità premia più della potenza, un maschio di camoscio non ha bisogno di corna più vistose e di fisico molto più possente per avere successo, ma i costi energetici sono sempre alti.
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