La querelle tra sostenitori del .30-06 Springfield e del .308 Winchester è accesa, si autoalimenta e non dà segni di volersi spegnere. Dura praticamente dall’introduzione del .308 W, versione civile della cartuccia militare 7,62 Nato. Se nel settore del tiro sportivo il calibro derivato ha conquistato il primato, altrettanto non può dirsi per quello venatorio, dove le due munizioni convivono e presentano entrambe un ampio numero di sostenitori.
Il .30-06 Springfield
Nato nel 1903 negli Stati Uniti, il 7,62×63 mm (secondo la denominazione metrica) fu rivisitato nel 1906 con l’introduzione delle nuove palle Spitz introdotte in Germania e adottato inizialmente su un fucile Springfield modello 1903 modificato, da cui il nome corrente del calibro. Pensato per l’impiego militare, una volta che questo venne meno è rimasto uno dei caricamenti preferiti tra quelli di media potenza, utilizzabile fino a selvatici di taglia medio-grande a distanze medio-lunghe.
A tutt’oggi viene adottato in una moltitudine di carabine d’impostazione e produttori differenti con una altrettanto ampia disponibilità di caricamenti che ne fanno un calibro polifunzionale, adatto a quasi qualsiasi tipo di ungulato.
A fare la sua fortuna ha certamente contribuito l’offerta commerciale dei produttori, che spesso hanno a catalogo una decina di palle differenti in grado di coprire tutte le esigenze venatorie e tiro (tra 110 e 250 grani), la possibilità d’impiego dei proiettili impiegati nel calibro 7,62 NATO, un rinculo discreto ma gestibile.
Il .308 Winchester
A numerosi decenni dalla sua commercializzazione, avvenuta nel 1952 come versione civile del 7,62 mm NATO, il .308 Winchester (7,62×51 mm) rimane uno dei calibri più popolari e di maggior successo anche nel terzo millennio. Il suo sviluppo si deve alla necessità dell’esercito americano di sostituire il calibro d’ordinanza .30-06 Springfield con una cartuccia più moderna che andò inizialmente a camerare il fucile M14 e la mitragliatrice M60. In ambito civile, fu inizialmente camerato sul fucile bolt action Winchester modello 70. Da allora la cartuccia è stata adottata praticamente da tutti i maggiori produttori di armi e in quasi tutti i tipi di azioni, con la logica conseguenza che tutti i produttori di munizioni hanno a catalogo più caricamenti.
Cartuccia versatile per eccellenza, viene impiegata per insidiare selvatici differenti di taglia media e, grazie alla traiettoria tesa e alla precisione intrinseca del calibro, anche in gare di tiro a lunga distanza fino a 300 metri. L’offerta commerciale include caricamenti con palle adatte ai più vari tipi d’impiego. Se quelle più leggere FMJ si prestano al tiro in poligono, le più gettonate tra i cacciatori di ungulati sono quelle nel range compreso tra i 150 e i 180 grani. Agli estremi, le palle da 110 grani sono impiegate, in America, per il tiro varmint e quelle con peso di 180 grani e oltre per l’alce e selvatici di grandi dimensioni.
Qualche statistica
Per analizzare la diffusione in Italia dei due calibri ho contattato alcuni produttori di armi e munizioni. Dai dati raccolti, in Italia emerge una sostanziale preferenza per il calibro .30-06 S, che risulta essere il più venduto in assoluto. Per quanto riguarda Fiocchi, fatto 100 il totale delle munizioni a uso venatorio commercializzate complessivamente nei due calibri, il 58% dei cacciatori privilegia il calibro più antico, contro il 42% che sceglie il .308 Winchester. Una situazione simile è fotografata dalle vendite di Norma, dove il 36% delle vendite riguardano il .30-06 S – in assoluto la cartuccia più venduta – seguito da .308 W (15%), .300 WM e .270 W; percentuali che ricalcano quelle della Germania.
Se si calcola la vendita di carabine, il dato cambia e non di poco. Paganini, che importa le carabine Remington e Kimber, mi ha fornito le statistiche 2017/2018 dei due marchi da cui si evince che le carabine calibro .308 W si attestano intorno al 46% del totale, mentre quelle in .30-06 S sono intorno al 26,5%. Seguono il .223 al 16%, il .300 WM al 4%, il .270 al 3,8%, il 7mm RM al 3,5% e il .243 al 2,5%. Se si confrontano i dati europei relativi alle munizioni, secondo Fiocchi le vendite dei due calibri in allestimenti venatori si equivalgono; Hornady, invece, mediante il suo distributore europeo, ha confermato che il .30-06 S dei due è il calibro preferito per la caccia (60%), rapporto che si inverte se nel calcolo si include il munizionamento sportivo, dove il .308 W è molto diffuso e il .30-06 S assente. Anche per Norma – che produce una gamma molto apprezzata di munizionamento da tiro – i rapporti sono invertiti: il .308 W risulta il più venduto con una quota globale di mercato del 24,6%, seguito proprio dal .30-06 S. In molti Paesi, come la Svezia, il .308 W è il calibro più venduto anche tra i cacciatori.
Se si attraversa l’Oceano, in America del Nord il rapporto di vendite tra .308 W e .30-06 S per Hornady è di 2 a 1 a favore del primo calibro. Questo rapporto si è ridotto considerevolmente nell’ultimo biennio (prima era di 3:1) a seguito dell’affermazione del 6,5 Creedmoor, una cartuccia che negli USA ha destabilizzato un mercato dai numeri consolidati. Per quanto riguarda il trend nella vendita di armi, Emanuele Sabatti ci dice che il .30-06 S ha un ampio seguito globale ma che il .308 W continua inesorabilmente a crescere.
E la ricarica?
Nonostante le somiglianze tra i due calibri, le dosi di polvere utilizzate dai ricaricatori differiscono sia per tipologia sia per quantità. Hornady, ad esempio, per il .30-06 S caricato con la sua palla Oryx consiglia la polvere Norma MPR, adatta ai calibri magnum o, comunque, a bossoli in grado di ospitare ampi volumi di propellente.
Per il .308 W, sempre per la stessa palla, raccomanda invece le polveri 202 e 203-B; la prima sviluppata per i calibri intermedi e in particolare il 7,62 Nato di cui il nostro costituisce la versione civile, la seconda un propellente flessibile che, nel .308 W, si presta ai caricamenti con palle più pesanti. Da notare che il medesimo manuale non raccomanda palle di massa superiore ai 200 grani per il .308 W mentre, per il .30-06 S, si spinge fino ai 220 grani.
Le differenze in campo
Posto che entrambe le cartucce utilizzano la medesima palla, la reale differenza tra i due calibri in termini di prestazioni è quindi da ricercare nella velocità e nell’energia che i due caricamenti sono in grado di sviluppare. Per analizzare questo aspetto ho effettuato due prove distinte con armi e munizioni Sako e con armi Sabatti alimentate da cartucce di 3 differenti produttori. Le armi impiegate erano carabine gemelle che differivano unicamente per la cameratura. I dati sono indicati a seguire. Le differenze tra i due calibri vanno ricercate nel bossolo che, nel caso del .308 Winchester, è di circa 12 millimetri più corto. Ciò comporta che questo calibro possa essere ospitato in azioni compatte che rendono l’arma, anche se di poco, più corta, leggera e maneggevole. Un bossolo più corto risulta anche essere più efficiente in termini di combustione ed energia erogata in virtù del fatto che risulta più agevole l’accensione di tutta la colonna di polvere.
L’esperienza dimostra infatti che non è solo la quantità di polvere a incidere sulla velocità del proiettile quanto l’efficienza totale della combustione, tanto che – nonostante la cospicua differenza di propellente utilizzato – la differenza di velocità tra i due calibri è generalmente contenuta nel 5% (munizioni commerciali). La velocità, semmai, varia in funzione dell’attrito tra rigatura e proiettile (prodotto da rugosità del trattamento interno della canna e durezza dell’acciaio), un freno che tende a diminuire con il rodaggio della canna; e varia anche a seconda della distanza tra la palla e il cono di forzamento (con una palla abboccata alla rigatura il picco pressorio sarà più alto, producendo una maggior velocità del proiettile).
Il mercato ha portato alla standardizzazione delle canne offerte per i due calibri. Mentre un tempo, secondo standard CIP, si utilizzavano rigature da 10” e 4 principi nel .30-06 S, 12” e 4 principi nel .308 W, 10” e 6 principi di rigatura nel .300 WM, oggi molti produttori (e Sabatti tra questi) hanno uniformato l’offerta a un passo di rigatura intermedio da 11” e 4 principi per tutti i calibri di questa classe.
Questa semplificazione comporta importanti economie industriali e, nel caso di questo test, una base comune tra i due calibri che rende la comparazione “ad armi pari”. Ma, pure, una perdita di un vantaggio teorico del .30-06 S che, fintanto che utilizzava rigature da 10”, stabilizzava meglio le palle oltre i 165 grani.
Se entrambi i calibri sono molto venduti, si deve osservare come il .308 W sia molto più semplice da gestire sia in termini di individuazione della cartuccia ideale (spara bene qualsiasi munizione) sia di rinculo, piuttosto più contenuto. Specie in riferimento al .30-06 S, che risente delle condizioni climatiche e – pur non rientrando ancora tra i cosiddetti isterici – è meno facile da ricaricare. I due calibri .30” più diffusi si sono sostanzialmente divisi il mercato: il .30-06 S manifesta un vantaggio nelle carabine semiautomatiche, il .308 W è più comunemente scelto nei bolt action. Da una parte, quindi, si cerca quel qualcosa in più di potenza per abbattere magari un grosso verro in corsa, dall’altra si sceglie la precisione per tiri più meditati.
Il test con Sako
Un primo confronto tra i due calibri l’abbiamo completato utilizzando 2 carabine Sako modello 85, in allestimento FinnLight II in calibro .30-06 S e nella versione Synthetic per quanto riguarda il .308 W. In entrambi i casi la canna spunta una lunghezza di 570 mm, un 5% in meno rispetto alla canna CIP, responsabile di un decremento velocitario rispetto ai dati dei produttori del munizionamento. L’azione è Small per il .308 W e Medium per il .30-06 S. Identico è il passo di rigatura (11”).
A eccezione che nel caricamento da tiro Range, che promette velocità identiche nei due calibri e che ha addirittura dimostrato performance migliori nel caso del .308 W, e della cartuccia Super HammerHead (dove la differenza è minima ma notevole lo scostamento della velocità del .30-06 rispetto al valore teorico), la tabella che segue indica una modesta superiorità prestazionale del .30-06 S, comunque inferiore rispetto a quanto sarebbe lecito attendersi.
Con ogni probabilità il dato è imputabile alla minor costanza di rendimento del calibro più antico e a una giornata molto umida.
Il test con Sabatti
Una seconda prova, realizzata all’interno del tunnel di tiro di Sabatti con due carabine Rover 870 Synthetic con canna da 610 mm, ha fornito dati congruenti ed estremamente interessanti per la nostra analisi. La Rover utilizza infatti in questo caso un’azione long in entrambe le camerature e, soprattutto, il medesimo passo di rigatura da 11” a 4 principi in entrambi i calibri.
I dati, illustrati dalle tabelle a seguire, indicano anzitutto scostamenti velocitari molto ridotti rispetto a quanto dichiarato dai produttori del munizionamento. In secondo luogo un’indiscutibile superiorità prestazionale del .30-06 Springfield, che alla volata spunta velocità rilevate tra il 3,7 e il 5% superiori e un’energia cinetica contenuta in una forchetta tra il 7,29 e il 10,23% maggiore rispetto al .308 Winchester.
Nonostante che il test sia stato effettuato con le mire metalliche (quindi modestamente attendibile), le rosate hanno dimostrato la superiorità del .308 Winchester quanto a precisione. Non a caso questo calibro è ancora utilizzato con soddisfazione nel tiro sportivo a lunga distanza (300 metri e oltre, per le distanze estreme si preferiscono altri caricamenti più adatti allo scopo). Rafforzando la propria fama di calibro sempre e comunque preciso. Ciò non vuol dire che non lo sia il .30-06 S, ma è indiscutibile che con questo sia più complesso ottenere prestazioni similari e, comunque, si è più soggetti alla variabilità delle condizioni ambientali.
Conclusioni
Insomma, si può designare un vincitore tra i due calibri più diffusi a livello mondiale? Certo, ma ce ne vengono in mente due. Ciascuna cartuccia presenta dei punti di forza rispetto all’altra ed è difficile tracciare una linea definitiva. È certamente questione di gusti. Io, ad esempio, preferisco il .30-06 S ma devo ammettere che è un retaggio della mia storia personale. È questo infatti il primo calibro che mi ha fatto amare mio padre, quello con cui ormai qualche tempo fa ho prelevato il mio primo ungulato, un daino. E con il quale lui prelevò il suo primo camoscio. Ne apprezzo quel qualcosa in più in termini di potenza ma patisco un po’ il rinculo, specie quando devo ripetere il colpo con la mia straight-pull.
Le mie esperienze con il .308 W non sono sempre state fortunatissime. Più di qualche animale si è allungato un poco, richiedendo qualche volta l’ausilio del cane da traccia. Considerando che la palla è la stessa, mi domina un retropensiero che affida a quel 10% di energia in più i successi che ho ottenuto con il calibro più antico. Poi devo ammettere che sono un tradizionalista e che sparare con un calibro che ha oltre un secolo di storia e ha attraversato due conflitti mondiali mi affascina.
Al tempo stesso conosco moltissimi cacciatori, che stimo, che non cambierebbero il proprio .308 W con nient’altro al mondo. È quello il calibro che ha scritto la storia dei loro successi e, con quello, cacciano sereni, confidenti nei propri mezzi, portandosi a spalla qualche grammo in meno e dovendo gestire un rinculo senz’altro meno rabbioso. Questione di gusti, indubbiamente, perché sulla carta pregi e difetti – a parer mio – si equivalgono.
Ringrazio per la collaborazione Sako, Sabatti, Fiocchi, Hasler e Fox che hanno fornito i materiali per le prove. Ringrazio inoltre Hornady, Paganini e Norma che hanno condiviso informazioni commerciali utili per la stesura di questo studio.